Il 1 dicembre è uscito La ballerina di Matilde Serao, secondo romanzo della collana bassorilievo. Un ritratto crudo e senza filtri della Napoli della belle époque.
La prefazione – di cui riportiamo qui un estratto – è di Stefano Scanu, autore, libraio e insegnante.
La ballerina viene pubblicato nel 1899 a cavallo tra due secoli e di quello iato, ma soprattutto della faglia che ne ha origine, presenta tutte le caratteristiche: è un romanzo eccessivo, bigotto, barocco, cinico, antico e allo stesso tempo breve, franco, popolare, empatico e, proprio per questa sua vocazione divergente, moderno.
Sono moderne le macerie che contiene come le piazze e i viali che vi si fanno strada al culmine del Risanamento napoletano, intervento urbanistico e sociale che cambiò il volto della città e di chi la popolava.
Matilde Serao racconta quello sventramento seguendo una modesta ballerina del teatro San Carlo, Carmela Minino. Lo fa da cronista, registrando tutto e tutti con un linguaggio strabordante, anacronistico e retorico ma insieme crudo e realista. C’è qualcosa di sovversivo, un incedere enumerativo di ambienti, personaggi e cose che uniforma tutto per poi creare la differenza, uno scarto che genera il desiderio di rovesciare e di smottare la superficie della storia.
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Per Serao tutto è interessante: ogni personaggio ha un nome, un tic o un desiderio che lei non risparmia di riportare; non ci sono figuranti o comparse, tutti hanno una personalità e una funzione, anche se piccola, anche se per poco. Serve per rappresentare un sistema ordinato dove le classi sociali sono incasellate e sempre distinguibili, a teatro come in trattoria.
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Dunque appena terminato di edificare e puntellare quel rigido sistema sociale, Matilde Serao inizia a picconarlo facendo saltare i compartimenti. La Napoli di fine secolo è un microcosmo che si ispira alla Parigi della belle époque ma è una città più composita, buia e sciantosa dell’originale. Le vetrine della Galleria Umberto I, i café chantant, i varietà e i ristoranti di via Toledo sono lambiti dalle trattorie dei Quartieri Spagnoli, dalle corti umide di via Pignasecca e via Paradiso, luoghi che polarizzano le diversità, eterotopie sopravvissute o sorte tra le pieghe del Risanamento in cui le differenze cozzano, mischiandosi e sollecitandosi a vicenda dentro una nuvola di cipria e polvere.
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Nel tempo di questo breve romanzo, tra le vie di una Napoli furiosamente ridisegnata e bonificata, Carmela Minino ha tentato in ogni modo di eludere il proprio destino e come lei gli altri personaggi, qualcuno calandosi nelle fratture della città, altri risalendone con fatica. Mentre la fine si avvicina, la polvere non si è ancora dispersa sopra i suoi luoghi e i suoi abitanti, quelli che la sollevano e quelli che la respirano.
Stefano Scanu